Testa Alessandro
Alessandro Testa nasce negli anni Quaranta a Trevi, in provincia di Perugia.
L’incontro con la pittura avviene nel 2005. Inizia a dipingere come autodidatta, dopo una lunga esperienza scultorea figurativa.
A partire dagli anni Settanta sperimenta la scultura del legno. Lavora diverse essenze: il melo, il tiglio, il noce. Ma tra tutti predilige il legno d’ulivo da cui fa emergere bassorilievi dal gusto esplicitamente agreste, come le scene dei mestieri della sua terra umbra. L’approccio alla lavorazione del rame risale al 2000. Metallo con cui forgia recipienti di uso quotidiano e figure arcaiche dall’aurea sacrale.
La pittura rappresenta, dunque, per l’artista una sfida. Le sue mani desiderano confrontarsi con la corposità e con la superficie del colore. Le tinte che si spandono sulle tele sono per Alessandro strumenti musicali che evocano vibrazioni emotive. A questo proposito dichiara: «Non so dipingere, ciò che cerco è solo creare per lanciare un messaggio». La comunicazione è perciò posta al centro della sua esperienza pittorica che evoca a livello stilistico l’arte informale, pur senza mai riferirsi esplicitamente a un artista particolare. Le prime opere – quelle fino al 2010 – sono attraversate da un’evidente vena polemica che lo accomuna ai graffiti urlati dei writers. Lancia scritte sulla tela, emergono parole di protesta tra i colori, ma nulla è casuale: tutto dialoga all’interno della cornice da cui fuoriesce sempre un grido. Un urlo che è spesso il messaggio cromatico di protesta di una sensibilità ribelle, profondamente ferita dalle ingiustizie della contemporaneità.
Le parole scompaiono dalle tele a partire dal 2010. Nei lavori degli ultimi anni Testa abbandona la grafia. Ma le sue opere non sono mai mute. La sua anima, infatti, continua a muoversi, parlare e vibrare tra i colori delle tele, con indomita armonia.
Opere in esposizione:
L'esperienza artistica di Alessandro Testa si accompagna ad una comprovata e radicata sensibilizzazione materica e coloristica, che ne contraddistingue il linguaggio comunicativo. Quella di Testa è una pittura aniconica, fatta di segni espressivi, che trasmettono emozioni e sentimenti allo stato più puro e incondizionato. Egli rifugge le contingenze e di contro alla difficoltà di dare voce liberamente agli stati emozionali più profondi e reconditi, inserisce la componente sensibile e la sfera interiore in primo piano, nel fulcro centrale nevralgico del suo fare pittorico, che si canalizza ad esprimere il "nodo germinale" da cui scaturiscono e si sviluppano pensieri ed emozioni, invitando il fruitore ad interagire e partecipare in modo diretto all'interno della narrazione, con il proprio pathos introspettivo. Testa si muove nel sentiero della ricerca tracciata dal genere astratto e informale materico e nel solco lasciato da quel comparto di artisti, che hanno indagato e perlustrato le molteplici articolazioni dell'arte, attraverso l'attribuzione di un valore assoluto all'elemento cromatico e alle variopinte combinazioni tonali. Nei quadri, la stesura dei colori appare dettata e governata da una gestualità spontanea e quasi incontrollata e incontenibile. La partitura della tavolozza colorata è guidata dall'urgenza espressiva del potente flusso di carica vitale e dalla forza energetica del pensiero a-logico e irrazionale e dell'impulso irrefrenabile.
Le tracce materiche, con la loro consistente densità, sono frammenti narrativi, che contengono tutta quell'energia esecutiva, sprigionata dall'enfasi creativa. Testa evidenzia e rafforza il ruolo fondamentale, che la pittura e il colore da sempre hanno rivestito in ogni civiltà e in ogni epoca, fin dai tempi più ancestrali e arcaici, riconoscendo alla pratica artistica un concreto potere terapeutico, di sfogo mentale e psicologico e riportandosi all'interno delle concezioni connesse al concetto di arteterapia e di cromoterapia. È fautore di un'attività creativa spontanea e svincolata da regole, dogmi, stereotipi prefissati, all'insegna di una pittura, che si libera dalla necessità di rispondere al reale, per essere più vicina all'emozione. Tramite i dipinti individua la possibilità di un arricchimento sensoriale, percettivo, emotivo. Per lui, attraverso l'arte, è possibile abbandonare i percorsi preconfigurati e predefiniti, seguendo un proprio sentiero non convenzionale. L'arte gli consente il recupero di un gioco, inteso come strategia liberatoria, come un "detournement", cioè una forma di instradamento, che permette di riappropriarsi del mondo, secondo una dimensione personale e una proiezione soggettiva.
Nell'intento di recuperare la dimensione più archetipa del fare arte, Testa si muove sulle tracce di forze primordiali e primitive, facendo risuonare i quadri di una sferzante intensità emozionale e di connotazioni spirituali e riflessive. Sono quadri molto evocativi, impregnati di cromatismo vibrante e costituiti da un tratto segnico, frutto di un gesto impetuoso e quasi irruento e di una tensione sensibile di fremente slancio, che conferiscono grande dinamismo alle composizioni e sorreggono lo sguardo del fruitore, accompagnandolo a formulare innumerevoli chiavi di lettura diversificate. L'arte di Testa è definibile come essenziale nel suo fondamento, in quanto sulla superficie pittorica è come se affiorasse ed emergesse l'essenza stessa della pittura, dove tutto "ribolle" in commistione, un istante prima del simbolico "big bang", della diversificazione delle forme, della presa di coscienza, che segue lo stacco dell'unità originaria. I suoi colori nel tripudio esplosivo dell'arcobaleno sono quelli dell'interiorità e della spiritualità, che imprime sulle tele, raggiunti e ritrovati attraverso quella particolare necessità interiore, che Kandinskij definiva "la nuova bellezza". Osservando la produzione di Testa si colgono forme e strutture astratte, che si collegano al patrimonio dell'antica memoria collettiva dell'umanità. Scavando dentro di sé e nel suo percorso esistenziale e interiore, Testa ritrova e fa emergere tutta una serie di suggestioni evocative, ricollegandosi nel profondo al concatenarsi di memorie umane. Sono tracce da condividere con l'osservatore, da inseguire, da decifrare nei loro codici segreti esistenziali. Tracce, che già di per sé offrono significati sottesi, su cui poter pensare e riflettere e che conducono a una ricerca costante di armonia e benessere universale, al di fuori del tempo e dello spazio.
Elena Gollini - giornalista e curatrice d'arte