Conte Stanislao
Stani Conte, nato nel 1949, è architetto conservatore, ha operato a Napoli nel settore della ristrutturazione edilizia, del restauro civile, dell’arte dei giardini, degli allestimenti museali e dall’inizio degli anni novanta ha proseguito l’attività professionale in Toscana e a Milano dove vive.
Il costante uso nei cantieri di materiali comuni destinati all’ edilizia ha stimolato la sperimentazione delle possibilità estetiche di questi, sulla scia della ricerca formale dei maestri del secondo novecento Burri, Della Gaggia, Consagra, Schifano, Pomodoro, Rotella.
Il lavoro sui writers cui si è dedicato tra il 2008 e il 2015 lo riavvicina all’ interesse per l’etnologia e l’antropologia culturale che sono stati la cifra degli ultimi anni degli studi. Oggi sperimenta le possibilità espressive del metallo e delle sue trasformazioni a partire da frammenti residuali di cantiere, sabbie, spezzoni di tondino, lastre di ferro zincato lavorate dal tempo e dall’atmosfera e successivamente saldate o riassemblate.
I graffiti e più ancora i tag, frammenti di un mandala urbano collettivo, sono espressione di un gesto consapevolmente condannato all’ impermanenza.
Destinati ad una vita fantasmatica perché rapidamente celati dalla sovrapposizione di altri tag, da stratificazioni successive di tinta e ancora da altri segni, infinitamente.
Questo lavoro registra e seleziona, scegliendo quelli capaci di esprimere nella finesse del gesto la propria intrinseca bellezza, una volta che la ripetizione e l’esperienza abbiano codificato il segno e li assume come grafemi, come parole di una indecifrabile lingua morta o come i segni dei tessuti kuba dell’Africa sudoccidentale, come un elemento della natura della civiltà urbana.
Solo dopo aver individuato una qualità del tag o di un suo spezzone esso viene riprodotto, decontestualizzato, inevitabilmente reinterpretato, gli viene conferita dignità utilizzando un supporto materiale stabile, legno, cartone, ferro, sabbia, rendendolo duraturo e archiviabile.
Se le mani possedessero altra, più alta sapienza, varrebbe la fatica di scolpirne qualcuno nel marmo di Paros , nel bianco di Carrara o fonderlo nel bronzo.
È scegliere speciali sassi sulla spiaggia altrimenti destinati a divenire sabbia e polvere, per goderne la forma nei giorni di pioggia.
È il tentativo di fissare la bellezza della forza selvatica e della fragilità adolescente.
È il mondo classico in soccorso di quello contemporaneo che divenendo brucia e si consuma nell’attimo.
È la improbabile opportunità in cui Dioniso viene salvato da Apollo.
Ma anch’ essa è un’opera meravigliosamente inutile.
Ghostwriters, scrittori occulti, creano e non firmano perché la firma è l’opera stessa ma ne sono autori primi. Senza di loro non sarebbe possibile questo lavoro. Senza questo lavoro esisterebbero solo per un attimo.
I tag sono classificati col nome del luogo, con la data in cui sono stati fotografati e con il numero in sequenza di ciascuna elaborazione.
Opere in esposizione: